La questione Piemonte Nebbiolo ci interessa. Non siamo un blog di vino, non siamo esperti nè tecnici del settore. Ma proprio perchè siamo un blog di consumatori attenti ai prodotti del Piemonte ed interessati ad informarci e “bere bene” tentiamo di capire le posizioni in campo e spiegarlo ai nostri lettori.
Il 9 agosto 2016 (dal sito di Vinitaly) Kerin O’Keefe, una delle wine writer più autorevoli del panorama internazionale e firma della rivista Usa Wine Enthusiast, afferma: “creare una denominazione Piemonte Nebbiolo Doc, ovvero consentire l’utilizzo del Nebbiolo nella Doc Piemonte, nella quale oggi è uno dei pochi vitigni non ammessi? “Una delle peggiori proposte che abbia mai sentito”. (QUI articolo originale).
Una denominazione Piemonte Nebbiolo Doc “avvantaggerebbe solo le grandi cantine dell’Asti e del Monferrato, che attualmente si stanno focalizzando sulla Barbera – commenta su Wine Enthusiast il produttore Orlando Pecchenino, presidente del Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani – ma le ripercussioni maggiori sarebbero per i produttori di Langhe Nebbiolo, Barolo e Barbaresco, perché potrebbe portare ad un crollo dei prezzi e ad un danno di reputazione per i vini fatti da Nebbiolo. Il nostro Consorzio e i produttori sono fortemente contrari, e spiegheremo tutti le nostre preoccupazioni e obiezioni, se saremo convocati dalla Regione a votare la proposta”.
Giancarlo Gariglio, dalle colonne di Slow Wine, il 22 agosto ha lanciato un post che in poche ore è diventato virale, ribadendo sostanzialmente le ragioni di O’Keefe e Pecchenino.
In sostanza, il fronte del NO teme le solite speculazioni commerciali e il depauperamento qualitativo legato al nome “Nebbiolo”.
Dall’altra parte, il fronte del SI’ (qui sempre Slow Wine) ha affidato a Michele Antonio Fino una lunga riflessione e proposta di modifica al Disciplinare Piemonte DOC.
Maurizio Gily risponde a Slow Wine in questo modo: “una battaglia totalmente sbagliata a mio avviso. Il nome Nebbiolo è un nome di vitigno e non un nome geografico (come Alba o Langhe) e come tale non può essere monopolio di nessuno. Si etichettano vini come Nebbiolo dalla Sardegna alla California all’Australia alla Nuova Zelanda e alla Germania, ma non lo puoi fare in Italia in zone dove storicamente esiste da sempre, anche da prima che nelle Langhe, e dove aziende storiche come Bersano e Scarpa hanno contribuito a farlo conoscere in tutto il mondo. Non ha alcun senso. Se si vuole evitare (e questo è giustissimo) una banalizzazione del prodotto basta stabilire delle regole molto stringenti, più di quelle del Langhe Nebbiolo. L’opposizione a Piemonte Nebbiolo è la difesa di una rendita di posizione, più che comprensibile, che deve essere tenuta nella debita considerazione nella definizione delle regole, ma non può essere un tabù. Così come l’altra assurdità che i novaresi non possono usare il nome Erbaluce per vini che producono da sempre. Pensate anche che nelle Langhe si fanno Piemonte Freisa e Piemonte Grignolino, per non dire di tutti i vitigni francesi che c’entrano ancora meno… Cioè suona un po’ come dire noi che stiamo bene facciamo cosa ci pare con tutti i vitigni, compresi i “vostri”; ma voi il nome Nebbiolo non potete usarlo”.
Il 24 agosto (QUI) Giancarlo Gariglio mette le mani su una bozza di modifica al Disciplinare e non cambia il suo giudizioni (anzi!). Le critiche riguardano, senza scendere nei tecnicismi, il pericolo di inflazionare il nome Nebbiolo con produzioni di massa.
Oggi Filippo Modrici, Presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, conferma l’interesse per tutte le proposte di miglioramento del Disciplinare ma afferma: “infine, riteniamo il vitigno Nebbiolo un patrimonio piemontese da riconoscere e rispettare, ricordando che addirittura sui mercati mondiali si incontrano produzioni del “nuovo mondo” con scritto in etichetta Nebbiolo”.
Il produttore Gianluca Morino (Cascina Garitina) ci ha aiutato a capire meglio le posizioni in campo e a ricostruire il processo di creazione “dal basso” dell’esigenza di estendere la menzione Nebbiolo. E conferma la volontà di creare un Disciplinare rigido, di accogliere le proposte del Professor Fino e di essere muro contro ogni sorta di speculazione.
E Morino precisa che non è una nuova DOC, ma solo un permesso di menzione.
Conclusioni? Come detto il nostro è veramente l’approccio del consumatore consapevole che ha l’esigenza di informarsi ma che non è un operatore del settore. Certamente un dibattito del genere potrebbe creare allarmismi (ci stanno scippando il Nebbiolo!, troveremo il Nebbiolo al Lidl!) ma è sicuramente indispensabile per l’evoluzione del sistema vino in Piemonte.
Come sempre, il consumatore dovrà affidarsi a quello che nel marketing si chiama fattore “People”. Affidarsi sempre alla credibilità del produttore, al consiglio dell’Enoteca di fiducia, alla scelta dettata dai propri gusti.